Onorevoli Colleghi! - La normativa afferente il giudice di pace, pur condivisibile nelle sue linee generali tendenti ad affidare parte della giurisdizione a giudici non togati al fine di deflazionare al massimo il processo penale, non appare in alcun modo adeguata alle novità normative nel frattempo sopravvenute.
      In particolare, la nuova formulazione dell'articolo 111 della Costituzione prevede che in tutti i processi penali si osservino alcuni princìpi che, pur assolutamente corretti e portatori di valori di civiltà giuridica, possono indubbiamente rendere assai complesso un rito che era sorto all'insegna della semplificazione. Si osservi infatti che gran parte dell'articolato del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, non è certamente adeguato a garantire un reale contraddittorio. Tale decreto legislativo inoltre non è neppure in linea con quanto statuito dalla successiva normativa riguardante le indagini difensive. Basti notare, fra l'altro, che si prevede espressamente, all'articolo 2, il divieto di assumere prove con l'incidente probatorio, mentre il vigente articolo 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale lo indica proprio come modalità di estrinsecazione dei poteri di indagine.
      Ferma restando quindi l'opportunità di mantenere la competenza del giudice di pace nel settore penale, appare indispensabile apportare sostanziali modifiche all'impianto stesso del citato decreto legislativo. L'unica possibilità per non dover applicare in modo radicale i princìpi di cui all'articolo 111 della Costituzione, così come di molte altre norme processuali, è quella di trasformare il rito davanti al giudice di pace in un procedimento speciale scelto dall'imputato. Inoltre, per offrire un maggiore incentivo all'imputato affinché scelga tale rito, si dovrà prevedere

 

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che soltanto dinanzi al giudice di pace sia richiedibile l'ulteriore procedimento speciale del «patteggiamento». Si deve altresì sottolineare che l'applicazione del rito così come oggi strutturato, non essendovi fra l'altro neppure il «patteggiamento», induce l'interessato a proporre sempre appello, che come è noto è di competenza del giudice unico, creando così una totale paralisi nell'ambito del lavoro della magistratura togata. La previsione del ricorso per cassazione nella maggior parte dei casi, inibendosi così l'appello, risolverebbe, così come è oggi per il «patteggiamento», il problema dell'eccessivo lavoro che si riverserebbe sul giudice unico. Si ricordi, infine, che l'impegno richiesto alla polizia giudiziaria dall'attuale rito è assai rilevante e sottrae ingentissime risorse alla tutela della sicurezza, tema che certamente nella situazione attuale non può essere in alcun modo sottovalutato.
      La proposta di legge che si presenta è volta quindi, pur nel pieno rispetto dei diritti della difesa, a garantire un buon funzionamento del sistema giustizia e la sicurezza dei cittadini.
 

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